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Note di produzione...e non solo
"Febbre da Cavallo: la mandrakata"



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NOTE DI SCENEGGIATURA - di Enrico Vanzina Il primo "Febbre da Cavallo", titolo inventato da mio padre Steno, nasce da un soggetto di Massimo Patrizi e da una prima sceneggiatura di Alfredo Giannetti. Il regista del film doveva essere Nanni Loy. Non ricordo perché Loy passò la mano, fatto sta che il produttore Infascelli, in un secondo momento, decise di affidare il film a mio padre con il quale aveva gia realizzato "La polizia ringrazia", un grande successo di allora. Steno non conosceva affatto il mondo delle corse dei cavalli e degli scommettitori ippici. Sapendo che io, da ragazzo, avevo frequentato assiduamente gli ippodromi insieme al mio amico Andrea Giubilo, della dinastia dei famosi giornalisti sportivi, mi chiese di aiutarlo a riscrivere la sceneggiatura di Giannetti. Avevo, da poco, iniziato la mia carriera di sceneggiatore, con mio fratello Carlo e Alberto Lattuada. Quell'occasione fu per me la definitiva conferma professionale. Lavorai insieme a Steno e trasformammo il copione iniziale in quello che, poi, diventò un vero e proprio piccolo classico del cinema comico italiano. Mentre scrivevamo "Febbre da Cavallo", e successivamente durante le riprese, poi addirittura quando il film uscì nelle sale, nessuno poteva immaginare che sarebbe diventato un "cult". Invece, dopo aver ottenuto un tiepido successo al cinema, "Febbre da cavallo" si affermò in maniera prepotente grazie ai passaggi televisivi e alla diffusione video. Tre generazioni di italiani lo hanno scelto come punto di riferimento di un certo tipo di comicità nazionale, imparando a memoria le battute del film e rivedendolo a ripetizione, in maniera quasi maniacale. Oggi, gruppi di giovanissimi si riuniscono nelle case per vederlo e ridere come avevano riso, anni prima, i loro genitori. Con queste premesse era molto difficile immaginare un seguito. Innanzitutto perché era scomparso mio padre, vero artefice del successo del primo film. Era scomparso anche Infascelli, il produttore. Così come erano scomparsi lo scrittore Alfredo Giannetti e tanti sommi protagonisti del primo episodio, ad esempio Adolfo Celi e Mario Carotenuto. Ma non solo. La commedia italiana, in questi ventisei anni, è profondamente mutata. Riportare a galla l'umorismo anni '70 non era affatto semplice. Tuttavia, una vera e propria richiesta "popolare" (tanta gente che chiedeva insistentemente il seguito) mi ha spinto, insieme a mio fratello Carlo, a ripensare alla possibilità di riportare in vita, sullo schermo, le buffe avventure di Mandrake e Pomata, alias Gigi Proietti e Enrico Montesano. A spingere me e Carlo a questa decisione è stata anche una nostra rilettura critica del primo film. Studiandolo meglio, abbiamo capito che il suo successo nasceva dalla sua semplicità. Oggi la commedia italiana perde colpi proprio perché non propone più storie semplici, di immediata presa popolare. Non si fa più satira, non si guarda più il costume. Il cinema italiano, in larghissima parte, racconta le crisi dei suoi autori-attori. E ambienta le vicende in mondi spesso minuscoli o, comunque, molto "local", sia dal punto di vista regionale che espressivo. Ritrovare la vena nazional-popolare di un film come "Febbre da Cavallo", dove le buffonerie, ma anche le miserie e le fragilità umane sono facilmente riconoscibili, forse è un modo per uscire dall'impasse di quel cinema italiano criptico che non garantisce più momenti di aggregazione popolare. E così, essendo per ragioni anagrafiche gli eredi ideali del cinema di nostro padre, abbiamo accettato la scommessa. Puntando sulla semplicità e sul rispetto del modello precedente. Non abbiamo fatto un film nostalgico. Abbiamo semplicemente riportato in vita il mondo dei pazzi e sciagurati scommettitori di cavalli come se fossero i personaggi di un fumetto. Li abbiamo ripresi lì dove Steno riaveva lasciati, sempre uguali a loro stessi e pronti, ventisei anni dopo, a rituffarsi in nuove peripezie comiche. Non sta a noi giudicare se questa scommessa è stata vinta. Certo, in un film che parla di gente che perde, vincere anche solo in parte questa scommessa sarebbe un'enorme soddisfazione professionale.




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