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...Da La Repubblica del 18 giugno 2002
Postato il di admin |
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Commedie, torna un mito. Ecco ''Febbre da cavallo 2''.
Nel '76 Stefano Vanzina in arte Steno realizzò uno dei suoi 60 film comici: Febbre da cavallo.
Il regista di Totò cerca casa e di Un americano
a Roma, l'inventore di Piedone e del filone poliziottesco,
non immaginava di aver creato un fenomeno di culto
che sarebbe cresciuto a dismisura, con proliferare di siti e fan club....
Era
la storia di due compari di scommesse alle corse e di stratagemmi quasi mai
puliti per rimediare i soldi necessari a giocare. Gigi Proietti ed Enrico Montesano erano,
rispettivamente, Mandrake e Er
Pomata. Intorno tanti formidabili comprimari, che
non ci sono più, da Adolfo Celi a Mario Carotenuto.
Un'irriconoscibile Catherine Spaak.
E una musichetta che i seguaci del culto tengono nella
considerazione di un inno. I figli di Steno, Carlo ed Enrico Vanzina, hanno fiutato l'aria e benedetto nuove
liturgie: la pubblicazione della sceneggiatura presentata in un'aula
universitaria, nientemeno, due settimane fa. E si
sono decisi a dire "sì" al remake. Dopo una serie negativa (tra South Kensington e Il cielo
in una stanza) che ha oscurato le Vacanze di
Natale, gli A spasso nel tempo, gli SPQR e l'interminabile sequenza di blockbuster di questi Mida
del nostro cinema. Da una settimana il fratello regista, Carlo, è sul set
di Febbre da cavallo - La mandrakata. Non un rifacimento letterale, al centro uno solo dei due eroi.
E intorno nuovi personaggi affidati a Nancy Brilli, Rodolfo Laganà,
Carlo Buccirosso. Tranquilli: la vecchia coppia
si riforma, anche se Montesano farà solo una
partecipazione. E non è escluso che la Mandrakata
preluda a una Pomatata.
ROMA - Enrico: "Febbre da cavallo è l'esempio perfetto della
casualità che sta dietro un successo. Fu un film qualunque. Doveva farlo Nanni Loy, poi lo
passarono a papà. Ebbe un discreto successo ma niente di che. Fu
dopo che misteriosamente diventò un cult".
Tanti ragazzi lo sanno a memoria.
Carlo: "E tanti dicono: quando sto depresso metto la
cassetta". Enrico: "Anni fa a Milano un tassista mi riconobbe come figlio del regista di Febbre da cavallo.
Arrivati all'albergo mi dice: "Lei non pagherà mai sul mio taxi"".
Un perché di questo seguito ve lo sarete dato...
Carlo: "La semplicità, che era routine per papà. Il suo scopo era far
ridere, senza altre ambizioni". Enrico: "Arriva in quel momento
degli anni 70 in
cui il cinema italiano si stacca dalla realtà. Riportava alle origini della
vera commedia, dove c'è l'italiano che deve
inventarsi la vita". Carlo: "Un sacco di volte ci hanno chiesto: perché non lo rifate? Dopo aver tentato
senza successo di uscire dal cliché dei
"film di Natale", ci siamo convinti. Il pubblico, con noi, vuole
ridere". Enrico: "Ha una storia, il progetto. Sarà finanziato al
50 per cento dalla Warner, 25 da noi e 25 da Ariè ("Solaris",
produttrice del Maresciallo Rocca). Lui ce lo ha
proposto. Mi cercò per vendergli i diritti, doveva
dirigerlo Franco Amurri quattro anni fa. Poi non
l'ha fatto ed eccoci qua noi. E' davvero una
scelta chiamata dal pubblico".
La prima domanda che tutti si faranno: perché non Proietti e Montesano alla pari, come allora?
Carlo: "Mandrake è il fulcro della storia,
dalla quale però Montesano-Pomata
non sarà assente. Se andrà bene potrebbe venire
poi un'altra storia centrata sul Pomata e con la "partecipazione"
di Mandrake. Non vogliamo fare una cosa
nostalgica, alla "I soliti ignoti vent'anni
dopo"". Enrico: "Oggi i film
italiani non hanno quasi mai un'identità. Non sai mai che cosa aspettarti,
se un film è comico o è drammatico. Qui si capirà già dal manifesto".
E' un po' che i vostri film sono
insuccessi.
Enrico: "Quando un film non va bene ci resti male ma
devi capire dov'è l'errore". Carlo: "Tutti si sentono geni
incompresi, e invece no. Certo, ci sono le ragioni ma c'è anche la fortuna: e i nostri successi
enormi sono stati anche sproporzionati ai meriti. Si dice "la ditta Vanzina",
ma non è vero che andiamo sempre sul sicuro. Facciamo
il nostro mestiere, e i nostri sbagli".
E' in questo senso del limite l'eredità paterna?
Carlo: "E' un mestiere in cui il caso ha una grande parte. Papà non ha
mai perso la lucidità, anche se in certi momenti è andata molto giù la sua
carriera, quando faceva Arriva Dorellik o La feldmarescialla".
Avete mai pensato di rifare Un americano a Roma?
Enrico: "E' intoccabile. Però ci interessa
verificare se la commedia storica fa ancora presa. Un modello di new comedy all'italiana non è stato ancora
inventato".
Riguarda voi ma anche chi si chiama De Sica o Risi, Comencini
o Tognazzi. Essere figli di padri famosi è un
problema?
Carlo: "Papà non era De Sica. Non era un mito, era
un professionista". Enrico: "Quest'anno
ho fatto parte della giuria di Sanremo. Ho visto i figli di Celentano e Morandi davanti a
quella platea impietosa. Lì sì che è tosta".
Carlo: "Ma se fai un lavoro dietro le quinte
è più facile. Non devi dimostrare che sei un genio".
I Vanzina sono di destra?
Enrico: "Siamo indipendenti". Carlo: "Siamo stati
penalizzati". Enrico: "Ma non ci importa.
Nell'84 abbiamo cominciato a lavorare con Mediaset. Un'esclusiva che è durata
molti anni. Solo per fedeltà alle persone". Carlo: "Sempre
godendo di grande libertà. Ma
riconosciamo che la destra non ha mai fatto niente per il cinema, mentre la
sinistra lo ha difeso. Nostro padre era un liberale malagodiano.
Non aveva simpatia per la Dc, tantomeno
per i fascisti...". Enrico: "E neanche per i comunisti".
Carlo: "Siamo cresciuti in un mondo borghese. E, senza schierarci mai,
ci hanno etichettati come di destra. I film di
successo sono stati sempre messi alla berlina da quelli che Gigi Magni chiama
"intellettuali forforosi". Ma per il sindaco ho votato Veltroni
anche se lui è comunista e io no. Del
resto qual è ormai la differenza?". Enrico: "La nostra comicità
non è riuscita ad essere feroce come negli anni 60, ma non siamo i cantori
di quel mondo di yuppies che anzi abbiamo preso
in giro".
Berlusconi non vi ispira
come soggetto?
Enrico: "Sono contro la demonizzazione. E' vero che rappresenta
un'anomalia, ma anche per l'intelligenza e non solo per il conflitto di interessi". Carlo: "Però è sceso in campo
per salvare i propri interessi". Enrico: "Ma
demonizzarlo serve alla sinistra a riempire le proprie falle.
Dovrebbero fare come noi quando un film va male:
non prendersela con qualcun altro ma capire dov'è l'errore".
(Da
La Repubblica del 18 giugno 2002)
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