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...Da Il Messaggero del 01 novembre 2002
Postato il di admin |
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La Mandrakata, febbre da risate
di FABIO FERZETTI (Da Il Messaggero del
01 novembre 2002)
ECCOLI qua. Sono tornati. Sono sempre loro. Qualcuno non c’è più, anche
perché sono passati 26 anni e molti, da Adolfo Celi a Mario Carotenuto e allo stesso Steno, se ne sono andati sul
serio. Ma Mandrake e er Pomata non sono cambiati di una virgola. Sempre
pronti a giocarsi tutto all’ippodromo, tanto sono nati per sognare e per perdere, lo sanno bene
(anzi, questa consapevolezza è una delle poche vere novità rispetto all’originale). Sempre capaci delle più
incredibili “sòle" per racimolare qualcosa
da puntare sui cavalli. Dieci kg. di bistecche o la mazzetta di un
funzionario, tutto fa brodo purché ci sia qualcosa da giocarsi. Perché senza brivido che vita è?
Piccola epopea romanesca e plebea, variazione comica e affollata di figure
irresistibili su un tema illustre come il dèmone del gioco, Febbre da
cavallo di Steno suonava amabilmente datato nei modi e
nelle tipologie umane già nel ’76, figuriamoci il suo seguito girato
oggi. Eppure, anzi forse proprio per questo, La mandrakata
è uno dei migliori film dei Vanzina, uno dei più
coerenti e fedeli a un’idea di cinema forse tramontata
ma senz’altro gloriosa.
Un cinema “popolare" non per vocazione commerciale ma per natura,
perché fatto di voci, di volti, di battute, di umori
popolari. Un cinema da tempo spiazzato e messo fuori gioco dalla
televisione, coi suoi tempi infinitamente più
rapidi, ma che oggi si prende una rivincita. Perché
se la tv ormai copia se stessa e genera personaggi che sembrano nati per
finire sul piccolo schermo, il cinema può ancora permettersi un certo
lavoro sui modelli, sulla memoria, sull’interpretazione.
Difatti Febbre da cavallo - La mandrakata
è anche una grande occasione per attori a cui il
cinema, specie ultimamente, ha dato poco. In testa Luigi Proietti, Nancy Brilli ed Enrico Montesano,
mai così sfrenati, mai così affiatati (c’è perfino una breve parentesi
quasi sentimentale fra la Brilli e Proietti). Il resto lo
fanno il fregolismo di Proietti; l’accorto
dosaggio di rimandi all’originale (scene,
musiche, facce, situazioni), per la gioia dei fans;
il divertimento gaglioffo, quasi infantile, che trasuda dal gioco continuo
dei travestimenti, accentuato dalla crudeltà ostentata e tutta romana delle
battute (vittima designata il napoletano Carlo Buccirosso,
erede di Peppino).
A metterla giù pesante si potrebbe anche notare che mentre registi di tutto
il mondo rifanno il grande cinema di una volta -
da Pleasantville a 8 donne, da L’uomo
che non c’era a Far From Heaven - anche i Vanzina
in fondo resuscitano il passato. In questo senso la scena chiave è senz’altro la riapparizione del
Pomata sulla sua stessa tomba, come fosse un fantasma. Ma non esageriamo in “letture", La mandrakata è e vuol essere un film che si vede con
la pancia.
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